L’ansia di per sé non è un fenomeno patologico. Si tratta di un’emozione di base, che comporta uno stato di attivazione dell’organismo e che nasce quando una situazione viene percepita soggettivamente come pericolosa.

Nell’uomo l’ansia si traduce in una tendenza immediata all’esplorazione dell’ambiente, nella ricerca di spiegazioni, rassicurazioni e vie di fuga, nonché in una serie di fenomeni fisiologici come l’aumento della frequenza del respiro, del battito cardiaco (tachicardia), della sudorazione, le vertigini, ecc..

Tali fenomeni dipendono dal fatto che, ipotizzando di trovarsi in una situazione di reale pericolo, l’organismo in ansia ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione, per poter scappare o attaccare in modo più efficace possibile, scongiurando il pericolo e garantendosi la sopravvivenza.
L’ansia, quindi, non è solo un limite o un disturbo, ma costituisce una importante risorsa, perché è una condizione fisiologica, efficace in molti momenti della vita per proteggerci dai rischi, mantenere lo stato di allerta e migliorare le prestazioni (ad es. situazioni performanti come esami, gare).

Quando, però, l’attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, siamo di fronte ad un Disturbo d’Ansia, che può interferire notevolmente con la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni.

I disturbi d’ansia più comuni sono:

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO

Chi soffre di Disturbo d’Ansia Generalizzata sperimenta uno stato d’ansia costante, spesso concernente piccole cose e caratterizzato da attesa apprensiva con anticipazione pessimistica di eventi negativi o catastrofici di ogni genere a natura. Si distingue, pertanto, dalle fobie, proprio per la trasversalità dei sintomi ansiosi, presenti in maniera indistinta e costante nelle più svariate circostanze.

Oltre a questa eccessiva e incontrollabile preoccupazione per qualsiasi circostanza, si riscontrano anche sintomi somatici, quali sudorazione, vampate, batticuore, nausea, diarrea, bocca secca, nodo alla gola, ecc.. Talvolta vengono lamentati disturbi muscolo-scheletrici, come tensione (soprattutto alla nuca e al collo), tic, tremori, affaticabilità. La tensione muscolare può inoltre esprimersi con manifestazioni algiche diffuse o cefalee. I soggetti con questo disturbo sono spesso irritabili, irascibili, incapaci di rilassarsi e persino di mantenere la concentrazione; sono descritti come persone spesso irrequiete, distratte e impazienti. Frequentemente soffrono di insonnia e rimuginano sull’eventualità di disgrazie incombenti, per sé ed altri.

Il disturbo, tendenzialmente cronico e di lunga durata, può facilmente essere accompagnato da depressione e portare ad un abuso di alcol, caffeina, stimolanti ed altre sostanze, utilizzati come auto-cura.

DISTURBO DI PANICO

L’espressione “attacchi di panico” è molto usata comunemente, ma spesso in maniera impropria; gli attacchi di panico, infatti, sono episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente, sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi, quali palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, brividi o vampate di calore, paura di morire o di impazzire.
Una delle più frequenti “interpretazioni” che le persone fanno di questi attacchi, è quella di aver avuto un infarto o un problema cardiaco, ed iniziano, così, un lungo peregrinare per ospedali ed accertamenti medici, che però non danno alcun esito.
Chi ha vissuto un attacco di panico lo descrive come un’esperienza terribile, spesso improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta. Dopo un primo episodio, diventa, così, inevitabile che la paura di un nuovo attacco prenda il sopravvento.
La persona si trova rapidamente invischiata in un tremendo circolo vizioso che spesso può essere accompagnato dall’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato (ad es. in macchina, nelle gallerie).
La propria vita inizia, così, ad esserne fortemente condizionata: diventa pressoché impossibile uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via.

La principale strategia di fronteggiamento, infatti, è proprio l’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene o che possano indurre un attacco, e, così, la persona ne diviene presto schiava, costringendo spesso tutti i familiari ad adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque, con l’inevitabile senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere dipendente dagli altri.

Solitamente gli attacchi di panico sono più frequenti in periodi stressanti. Alcuni eventi di vita possono, infatti, fungere da fattori scatenanti e/o facilitanti, anche se non inducono necessariamente un attacco di panico. Tra gli eventi di vita precipitanti riferiti più comunemente troviamo la separazione, la perdita o la malattia di una persona significativa, l’essere vittima di una qualche forma di violenza, problemi finanziari e lavorativi.

FOBIA SPECIFICA

Viene definita fobia una paura estrema, irrazionale e sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari preoccupazioni. Chi ne soffre, infatti, è sopraffatto dal terrore all’idea di venire a contatto, ad esempio, con un animali innocui, come un ragno o uno scarafaggio, o di fronte alla prospettiva di compiere un’azione che lascia indifferenti la maggior parte delle persone (ad esempio, il claustrofobico non riesce a prendere l’ascensore o la metropolitana).
Le persone che soffrono di fobie hanno piena coscienza dell’irrazionalità delle proprie reazioni emotive, ma non possono controllarle.
L’ansia da fobia, o “fobica”, si può manifestare con svariati sintomi fisiologici quali tachicardia, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. Si sta male e si desidera una cosa sola: fuggire!
La fuga, d’altra parte, è una strategia di emergenza, innata e naturale. La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura, sebbene riduca sul momento gli effetti della paura, in realtà costituisce una micidiale trappola: ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento successivo. Tale spirale di progressivi evitamenti produce l’incremento, non solo della sfiducia nelle proprie risorse, ma anche della reazione fobica della persona.
Molte persone presentano le più svariate fobie specifiche, e vi convivono senza particolari problemi; tuttavia, quando la paura e l’evitamento fobico diventano così gravi, al punto da interferire significativamente con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali, allora si può avvertire la reale necessità di affrontarli. Ad esempio, chi ha la fobia dell’aereo può trovarsi a rinunciare a molte trasferte, e la cosa diventa imbarazzante se è necessario spostarsi per lavoro, mentre chi non ha alcun bisogno di servirsi dell’aereo, può convivere con questa fobia senza alcuna difficoltà.

FOBIA SOCIALE

La fobia sociale è un disturbo molto diffuso tra la popolazione, e secondo alcuni studi sembra che ne soffrano più le donne che gli uomini.
Ciò che caratterizza principalmente la fobia sociale è la paura di agire di fronte ad altre persone, in modo imbarazzante o umiliante e di ricevere giudizi negativi.
A causa di questo disturbo, chi ne soffre può arrivare ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per la paura di comportarsi in modo “sbagliato” e di venir mal giudicati.
Solitamente le situazioni più temute da chi soffre di fobia sociale sono quelle che implicano la necessità di dover fare qualcosa davanti ad altre persone, come ad esempio esporre una relazione ad una platea, ma anche solo firmare, telefonare o mangiare; a volte, può generare ansia perfino il semplice entrare in una sala dove ci sono persone già sedute, oppure parlare al gruppo di amici.
Le persone che soffrono di fobia sociale temono di apparire ansiose e di mostrarne i “segni”, cioè temono di diventare rosse in volto, di tremare, di balbettare, di sudare, di avere batticuore, oppure di rimanere in silenzio senza riuscire a parlare con gli altri, senza avere la battuta “pronta”.
Accade spesso che, chi ne soffre, lontano dalle situazioni ansiogene, possa riconoscere come irragionevole e sciocca la propria paura, e che tenda, così, a svalutarsi e/o rimproverarsi.

DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO

Le caratteristiche principali del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) sono pensieri, immagini o impulsi ricorrenti che creano allarme o paura e che costringono la persona a mettere in atto comportamenti ripetitivi o azioni mentali, per neutralizzarli.
Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi che si presentano ripetutamente e sono al di fuori del controllo di chi li sperimenta. Tali idee sono sentite come disturbanti e intrusive, e, quando le persone non ne sono assalite, vengono giudicate come infondate ed insensate, anche se spesso arrivano ad occupare gran parte della giornata. Le persone che soffrono di questo disturbo possono preoccuparsi eccessivamente dello sporco e dei germi, possono essere terrorizzate dalla paura di avere inavvertitamente fatto del male a qualcuno, di poter perdere il controllo di sé e diventare aggressive in certe situazioni, di aver contratto malattie infettive, anche se di solito riconoscono che tutto ciò non è realistico. Le ossessioni sono accompagnate da emozioni sgradevoli, come paura, disgusto, disagio, dubbi, o dalla sensazione di non aver fatto le cose nel “modo giusto”, e gli innumerevoli sforzi per contrastarle non hanno successo, se non momentaneo.
Le compulsioni tipiche del DOC vengono anche definite “rituali” o cerimoniali, dal momento che sono caratterizzate da una costante ed ostinata ripetizione di azioni, quali  lavarsi le mani, riordinare, controllare il gas o che le porte siano chiuse, oppure azioni mentali, come contare, pregare, ripetere formule mentalmente; esse vengono messe in atto per ridurre il senso di disagio e l’ansia provocati dai pensieri e dagli impulsi tipici delle ossessioni. Costituiscono, cioè, un tentativo di ridurre il malessere, un mezzo per cercare di conseguire un controllo sulla propria ansia. In generale tutte le compulsioni che includono la pulizia, il lavaggio, il controllo, l’ordine, il conteggio, la ripetizione ed il collezionare si trasformano in rigide regole di comportamento e sono spesso bizzarre e francamente eccessive.
Quelle che, normalmente, possono essere piccole “manie”, nella vita di tutti, nel DOC diventano schemi rigidi e ripetitivi che “ingabbiano” la persona in un circolo vizioso e logorante, di cui si sente prigioniera.

DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS

Il Disturbo Post-Traumatico da Stress si può sviluppare a seguito dell’esposizione ad un evento stressante e traumatico che la persona ha vissuto direttamente, o a cui ha assistito, e che ha implicato morte, o minacce di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. La risposta della persona all’evento comporta paura intensa, senso di impotenza e/o orrore.
La persona può capire di soffrire di Disturbo Post-Traumatico da Stress, in presenza di svariati sintomi, tra cui: il continuo rivivere l’evento traumatico (l’evento viene rivissuto persistentemente dall’individuo attraverso immagini, pensieri, percezioni, incubi notturni o flashback); l’evitamento persistente degli stimoli associati all’evento o attenuazione della reattività generale (la persona cerca di evitare di pensare al trauma o di essere esposta a stimoli che possano riportarglielo alla mente.
L’ottundimento della reattività generale si manifesta nel diminuito interesse per gli altri, in un senso di distacco e di estraneità); uno stato di iperattivazione fisiologica persistente come difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, difficoltà a concentrarsi, l’ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme.